Lussemburgo, traffico e foreste
Di quando mi sono innamorata del posto in cui vivo. Cantando.
Sono arrivata in Lussemburgo un giorno di primavera del 2015 con mio marito, Guia che all’epoca aveva sei anni e Benedetta nella pancia.
Volevo partire da tanto tempo. Per molti motivi, ma soprattutto perché volevo imparare a vivere da un’altra parte, volevo sfidare me, le mie abitudini, i miei binari pietrificati nelle strade di Torino.
Non sapevamo quanto saremmo rimasti. Un giorno, poco dopo l’arrivo, una signora italiana mi disse «Qua va così: se ti fermi più di due anni, resti per tutta la vita».
«E perché?»
«Perché questo posto ti vizia.»
Ho una caratteristica, pare: cerco sempre di trovare il lato positivo nelle cose. Credo sia una tecnica di sopravvivenza che ho sviluppato nei periodi meno facili della mia vita. Questo non vuol dire che io non sia mai triste: semplicemente a un certo punto cerco di osservare da un’altra angolazione il paesaggio che ho davanti. C’è chi ascolta musica, chi fa sport, chi medita. Io sposto il punto di vista.
Il paesaggio, appunto, e il cielo: se esiste una canzone che si intitola Il cielo su Torino e non ne esiste una che si intitola Le ciel au-dessus du Luxembourg, qualcosa vorrà dire.
Non c’era il cielo. Mi svegliavo, uscivo di casa e quella cosa sopra di me non si poteva definire cielo. Era una cosa appunto, grigia. Anche per settimane. E poi a un certo punto, senza preavviso, un raggio di sole, e un altro ancora, per due ore un cielo azzurro pieno, poi la pioggia, e poi di nuovo tutto grigio. Ricordo un giorno - doveva essere fine 2016 - in cui nell’arco di dodici ore ho visto: la nebbia, il cielo azzurro, la pioggia, il cielo bianco, la neve, e poi un tramonto di quelli del Nord, fucsia viola e arancione da perdere la testa. Devo aver cominciato quel giorno a innamorarmi di questo posto.
Non credo però di essermene resa conto. Sono passati i mesi, e poi gli anni, e quando i miei amici in Italia mi chiedevano «Ti piace vivere lì?» io rispondevo «Ma sì dai, sto bene», quasi senza pensarci perché la verità è che in quei primi tre anni ho avuto molto da fare: trasferirmi, trovare punti di riferimento, partorire la mia seconda figlia, fare amicizie, organizzare i ritorni a Torino, pubblicare un libro, mantenere quelle amicizie nate da poco, non impazzire con i terrible two di una bambina particolarmente vivace, vivere il lutto per la morte di mio padre, e insomma non mi sono mai davvero fermata a chiedermi «Mi piace vivere qua?».
Non mi lamentavo, però. E non mi mancava Torino. E questo - vista la quantità di lamentele che sentivo (e sento) nei gruppi di expat italiani - avrebbe dovuto darmi degli indizi.
Poi a un certo punto qualcosa ha cominciato a muoversi. In Lussemburgo e in me.
I lavori, prima di tutto. Questa città, la capitale, in cui abito, si è riempita di lavori: interi quartieri che nascevano, altri che cambiavano volto, una nuova linea di tram, birrerie che diventavano ristoranti e ristoranti che diventavano bistrot, il centro distrutto e ricostruito, parcheggi nuovi, nuovi percorsi, il senso di spaesamento dell’attraversare una zona e non ricordarsi più com’era tre mesi prima. E ovviamente la viabilità modificata, le code infinite, il traffico impazzito.
E quindi, ti verrà da dire, quindi che incubo! Certo, che incubo. Per tutti ma non per una donna che ha vissuto a Torino prima del 2006. Una Torino in cui per anni è stato tutto in movimento, in cui si costruiva e si ricostruiva, in cui ci si trovava bloccati in mezzo al traffico, si mandavano a quel paese sindaco e lavori ma nello stesso istante si sapeva che la città e noi ci stavamo preparando per qualcosa di grande.
E attenzione, non sto parlando delle Olimpiadi e del successo che hanno o non hanno avuto (non voglio entrare in una di quelle eterne faide fra chi ama e chi odia un grande evento): sto parlando di quegli anni prima di. E sto parlando delle città che cambiano, che crescono, che hanno il coraggio di immaginarsi diverse.
Giravo per Lussemburgo - quando è senza articolo è la capitale - e mi sembrava di essere dentro qualcosa in continuo movimento, mi sembrava di essere dentro qualcosa di molto simile a una promessa. Di molto simile a Torino prima di.
E poi sono cambiata anche io. Un giorno di cielo azzurro e di sole ho deciso di andare a fare uno di quei percorsi (qua ce ne sono tanti) in campagna, in quella che i lussemburghesi chiamano foresta. Da sola.
Ho guidato per venti minuti fino quasi al confine con il Belgio e poi a piedi ho seguito le frecce blu attaccate a pali e alberi, e ho camminato per dieci chilometri, prima in un villaggio e poi, per un’ora, in un bosco di alberi altissimi rossi e verdi, e non ho incontrato nessuno dall’inizio fino alla fine del percorso.
E ho cantato.
Nel mezzo di quella foresta, in quel silenzio fatto di fruscii di rami e canti di uccelli, mi sono sentita così libera che ho cominciato a cantare. Forte, come non mi succede mai. Ho camminato e cantato, ed era tutto perfetto: i miei desideri, il vento fresco che mi accarezzava le guance, il battito del mio cuore.
Ero in Lussemburgo, e non avrei desiderato essere in nessun altro posto del mondo.
Quando si parla del Lux non si parla quasi mai della sua natura. Si parla di banche soldi aziende tasse Europa ma mai mai mai di questo immenso tesoro fatto di foreste, castelli e verde che si incontra a pochi passi dalla capitale.
La signora italiana aveva ragione, questo posto ti vizia. Ti vizia perché è un posto piccolo e ricco, e gli abitanti sono pochi. Potrei scrivere per ore della fantastica burocrazia lussemburghese, dell’attenzione nei confronti dei bambini, ma potrei scrivere per ore anche dei mesi di attesa per fare una risonanza magnetica e di un sistema fiscale che dovrà cambiare. Perché i luoghi sono fatti di storia e di persone, e non esiste il luogo perfetto.
Esistono però i momenti, sia per i luoghi sia per le persone. E non è colpa o merito di nessuno: a volte ci troviamo in un luogo nel momento perfetto per noi, altre volte è tutto sbagliato e vorremmo solo fuggire.
Ed esiste quella tecnica di sopravvivenza, esiste sempre la possibilità di spostare il punto di vista e osservare il paesaggio da un’altra angolazione. Non sempre funziona. Spesso però sì.
E puoi trovarti da sola in una foresta a cantare a squarciagola e ad amare profondamente quel posto che ormai è casa.
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Tre T(R)IPS sul Lussemburgo (+1 bonus):
Un libro: purtroppo non esiste un romanzo tradotto in italiano ambientato in Lussemburgo, vorrà dire che dovrò scriverlo io.
Esiste The Expats, di Chris Pavone, ma in inglese.
Esiste poi IL LIBRO che ha cambiato la mia vita lussemburghese, ed è la guida ai circuiti nelle foreste del paese: Guide Auto-Pédestre Luxembourg.Una serie tv: Capitani è una serie interamente prodotta in Lussemburgo, si trova su Netflix. Esistono due stagioni: la prima è ambientata nella campagna lussemburghese, e al di là di una trama con qualche difetto, è perfetta per immergersi in quella natura rigogliosa di cui ho scritto. La seconda è una storia di droga e prostituzione girata tutta nella capitale e qua diciamo che la trama non migliora ma mostra un aspetto del Lussemburgo non molto conosciuto (anche se, come mi disse qualcuno anni fa, la zona più pericolosa del Lussemburgo sembra l’elegante salotto di casa mia quando due ospiti hanno bevuto un po’ più del solito).
Un ristorante: Bazaar è un ristorante con cucina mediorientale e cocktail fantastici situato nella piazza del Municipio in centrissimo nella capitale, e a parte essere uno dei miei posti del cuore, è l’immagine che ho del Lussemburgo che cambia: è nato proprio in quel periodo di lavori e caos, ha resistito al lockdown ed è un posto con una grande anima.
Il bonus: da pochissimo è nato un podcast prodotto da tre ragazze italiane che vivono e lavorano in Lussemburgo, L’Aperitivo dell’Expat, disponibile su tutte le piattaforme. Per ora esiste solo una puntata ma spero con tutto il cuore che ne arrivino molte altre. Spoiler: a un certo punto viene detto che a Lussemburgo ci si diverte molto più che a Milano e a Torino!
I miei progetti:
Fra poco sarò di nuovo a Lisbona! Avrò un weekend lungo ad aprile (21-25) e uno a maggio (12-15).
A ottobre sarò in Alentejo con due gruppi per un nuovo tipo di weekend LuzBoa: sarà un vero e proprio tour con varie tappe e scenari completamente diversi!
Tutti i tour del 2023 sono sold out ma fra poco usciranno le date del 2024.
Come sempre puoi seguirmi in Lux e nei miei viaggi sul mio account Instagram, valesarastella
Qualche giorno fa c’è stato il primo appuntamento del ciclo di incontri dedicati al Portogallo e ad Antonio Tabucchi. Sono incontri dal vivo (alla Libreria Italiana Lussemburgo) ma anche online. Se ti interessa partecipare ai prossimi tre puoi scrivere a libreriaitaliana.lu@gmail.com, e puoi recuperare la registrazione della prima puntata e proseguire ad aprile e giugno.
Sto anche organizzando le vacanze con la mia famiglia: ad agosto andremo in Giappone! Sogno di andarci da sempre e non vedo l’ora! Tu lo conosci? Se hai consigli da darmi sono qua…grazie! :)
Se vuoi, puoi far conoscere T(R)IPS alle persone che conosci!